I prodotti tipici di origine animale, latte e derivati e prodotti a base di carne, nascono dall’incontro di tre elementi profondamente legati tra loro:

  • La genetica – gli animali che forniscono la materia prima, latte o carne. La carne e il latte di razze locali diverse hanno qualità differenti;
  • L’alimentazione degli animali – le erbe che gli animali pascolano, che spesso crescono su rapidi pendii e a quote elevate, accessibili solo alle razze locali rustiche;
  • La tecnologia – i processi di trasformazione, spesso antichi, le tecniche di preparazione e gli ambienti dove i prodotti vengono fatti maturare, caratterizzati da specifiche popolazioni microbiche, temperature e umidità.

In questa pagina si racconta il contributo delle razze lombarde alla diversità dei prodotti tipici italiani. Un ulteriore motivo per conoscerle e incontrarle nelle nostre passeggiate.

Latticini

Bitto

Rinomato formaggio D.O.P. che viene prodotto esclusivamente in estate, da giugno a settembre durante il periodo di monticazione, negli alpeggi della provincia di Sondrio, in alcuni comuni limitrofi dell’Alta Valle Brembana e della provincia di Lecco, a un’altitudine minima di 1500 metri. È un formaggio grasso, a pasta cotta e semidura prodotto con latte vaccino crudo e intero appena munto, a cui può essere aggiunto latte di capra fino ad un massimo del 10%. Il latte viene coagulato in loco con caglio di vitello e la cagliata, tagliata sino alle dimensioni di chicchi di riso, viene sottoposta a cottura ad una temperatura di 48 – 52°C. Dopo agitazione fuori fuoco e sosta sotto siero, la pasta viene estratta e posta in fascere che conferiscono al formaggio il caratteristico scalzo concavo. La salatura avviene a secco o in salamoia e la stagionatura, che inizia in alpeggio e si completa nel fondovalle, ha una durata minima di 70 giorni. Il Bitto ha forma cilindrica, diametro compreso tra 30 e 50 cm e scalzo tra 8 e 12 cm, con un peso variabile tra 8 e 25 kg. La pasta, di colore variabile tra bianco e giallo paglierino ha una struttura compatta e occhiatura rada delle dimensioni di un occhio di pernice.
Il Bitto è un ingrediente fondamentale, con il burro, il grano saraceno e le verze, del piatto simbolo della Valtellina, i pizzoccheri.

Il formaggio Storico ribelle, già Bitto Storico, Presidio Slow Food, è prodotto nelle valli Gerola e Albaredo, in provincia di Sondrio, formate dal torrente Bitto da cui prende il nome. Gli attuali dieci produttori nel 2016 si sono separati dal Consorzio Bitto D.O.P. distinguendosi per il mantenimento di pratiche tradizionali con l’intento di ottenere un formaggio di alta qualità e svolgere un ruolo nella conservazione dell’ambiente e della biodiversità alpina. L’allevamento e il processo di caseificazione si differenziano da quelli del Bitto DOP in quanto è vietato l’uso di integratori nell’alimentazione dei bovini e l’uso di fermenti selezionati nella produzione del formaggio. Gli animali vengono munti a mano. Insieme alle mandrie bovine pascolano le capre Orobiche, il cui latte entra per un 10-20% nella produzione del formaggio e gli conferisce una speciale aromaticità. È caseificato nei tradizionali calècc, costruzioni in pietra che fungono da casera itinerante in modo che il latte possa essere lavorato prima che il suo calore naturale si disperda.
La stagionatura va da 12 mesi fino a 10 anni per farne uno dei rari formaggi da meditazione.

RAZZE DI RIFERIMENTO:

Caprine:
Orobica

Fatulì

Il formaggio Fatulì il cui nome in dialetto significa “piccolo formaggio”, è un Prodotto Agricolo Tradizionale (PAT) della Regione Lombardia. È un formaggio a pasta semicotta a media stagionatura ottenuto, dalla primavera all’autunno, con latte crudo intero di capra Bionda dell’Adamello, originaria della Val Saviore e oggi presente in tutta la Val Camonica nel Parco dell’Adamello.

Dopo la mungitura il latte viene riscaldato, si aggiunge il caglio e, dopo un breve riposo, la cagliata viene rotta con il caratteristico attrezzo, lo spino, fino a raggiungere le dimensioni di un chicco di mais o di riso e riscaldata nuovamente. A seguito della cottura, la cagliata è posta nelle fascere, piccoli stampi forati, per permettere al siero di sgrondare e il giorno successivo il formaggio viene salato a secco o in salamoia. Dopo circa 10 giorni di asciugatura il Fatulì viene poi affumicato, tradizionalmente bruciando latifoglie della zona come nocciolo e faggio e rami e bacche di ginepro. Viene quindi stagionato per un periodo da uno a sei mesi. La forma tipica è cilindrica con le facce piane, diametro di 20-25 cm e altezza di 3-5 cm e un peso di 400 – 500 g (Presidio Slow food: facce diametro 10÷14 cm, scalzo 4÷6 cm, peso 300÷500 g). La crosta, più o meno scura a seconda della durata dell’affumicatura, presenta i solchi lasciati dalla grata sulla quale il formaggio è appoggiato durante l’affumicatura. La pasta di colore giallo più o meno intenso, di consistenza elastica, può essere compatta o presentare una piccola occhiatura uniformemente distribuita. Presenta aroma, odore e sapore con caratteristiche note affumicate, ma anche erbacee e di frutta secca.
Con il prolungarsi della stagionatura, che avviene su assi di legno, diventa idoneo ad essere consumato grattugiato.

RAZZE DI RIFERIMENTO:

Formaggella del Luinese

È un formaggio D.O.P. prodotto con latte intero e crudo di capra Nera di Verzasca, Camosciata delle Alpi, e Saanen, allevate prevalentemente al pascolo nel territorio che comprende le quattro Comunità Montane della Provincia di Varese e alcuni Comuni collinari, dal confine con la Svizzera fino al limite naturale del Lago di Varese.
Formaggio a pasta semidura, a coagulazione presamica, ha una stagionatura minima di 20 giorni.
La coagulazione del latte avviene tra 32°C e 34°C a seguito dell’aggiunta di caglio di vitello, innesto naturale o selezionato, costituito in prevalenza da batteri lattici termofili, con possibilità di aggiunta di piccole dosi di mesofili. La rottura della cagliata viene protratta fino al raggiungimento di grani della dimensione del chicco di mais. La formatura avviene in stampi che favoriscono lo spurgo del siero che avviene per un massimo di 48 ore a temperatura ambiente con regolari rivoltamenti. La salatura può essere eseguita a secco o in salamoia ed è seguita da un’asciugatura a temperatura ambiente.

La Formaggella del Luinese ha forma cilindrica con facce piane, diametro compreso tra 13 e 15 cm e un peso di 700-900 gr. La crosta è naturale e la pasta è bianca, morbida, compatta, con possibile presenza di piccola occhiatura.
Il sapore è dolce, delicato, gradevole e si intensifica con il progredire della stagionatura.

RAZZE DI RIFERIMENTO:

Caprine:
Capre Verzaschese, Camosciata delle Alpi e Saanen

Formaggio d’Alpe misto

Questo formaggio che è annoverato nell’elenco dei Prodotti Agricoli Tradizionali (PAT) della Regione Lombardia viene prodotto nelle province lombarde di Brescia, Bergamo, Como, Sondrio, Lecco, Pavia e Varese, dove vacche e capre sono monticate ancora insieme.
È un formaggio a pasta semicotta, prodotto miscelando circa 20% di latte caprino con 80% di latte vaccino. Il latte misto, crudo, viene riscaldato e la cagliata, ottenuta con impiego di caglio di vitello, viene tagliata fino alle dimensioni di un chicco di riso, mantenendola in agitazione fino al raggiungimento della temperatura di 42-44°. Una volta estratta, la cagliata è posta nelle fascere dove viene pressata con dei pesi per favorire lo spurgo del siero. Formaggio grasso, semigrasso, semi magro, di breve, media o lunga stagionatura. La crosta è dura, di colore paglierino chiaro che, con la stagionatura, tende al marrone. La pasta è compatta, dura, di colore bianco fino al paglierino chiaro, in funzione della stagionatura. Il più famoso formaggio d’Alpe misto è il BITTO.
Di forma cilindrica a facce piane del diametro di 30-35 cm e un peso che varia da 5 a 8 kg.

RAZZE DI RIFERIMENTO:

Formaggi freschi di capra a coagulazione presamica o lattica

Sono prodotti con latte crudo intero di diverse razze caprine, in tutte le province lombarde. Sono formaggi a pasta cruda (caprini e stracchini) o semicotta (formaggelle) con stagionatura breve di alcuni giorni o di oltre 30 giorni.

In particolare con il latte crudo della capra Orobica si producono il Formagìn (caprino fresco che a crosta fiorita prende il nome di fiorone), il Matüscin (una formaggella a coagulazione presamica, dalla stagionatura minima di un mese) e la Roviöla (stracchino).

Con il latte crudo della capra Frisa si produce lo Scimudin (formaggio a pasta cruda a coaugulazione presamica prodotto con latte vaccino – per la quasi totalità – latte di capra o latte misto a breve stagionatura.

Montébore

Antico formaggio, prodotto con latte crudo, per il 75% vaccino (tradizionalmente quello delle vacche varzesi) e per il 25% ovino. Prende il nome da un paesino della Val Curone, nel Tortonese. La caratteristica forma a torta nuziale è data dalla sovrapposizione di robiole dal diametro decrescente.

Estratte dallo stampo, tre forme dal diametro decrescente sono poste a stagionare, una sopra l’altra, da una settimana a due mesi. Il colore va dal bianco al giallo paglierino. Dopo la Seconda guerra mondiale, con lo spopolamento delle valli, la produzione del Montébore è fortemente calata, quasi estinta. Questo formaggio è «resuscitato» nel 1999 grazie al Presidio Slow Food.

RAZZE DI RIFERIMENTO:

Ricotta

Prodotta con siero di latte (il siero che si separa dalla cagliata durante la produzione del formaggio) di capra o misto di vacca e capra. Può prendere il nome di mascherpa, mascarpin, mascarpi, ecc, in funzione della razza e area di produzione.

RAZZE DI RIFERIMENTO:

Zincarlìn

Prodotto nelle zone montuose in provincia di Como, di Varese (Zincarlin de Vares) e in Ticino nella Valle di Muggio (Zincarlin da la Vall da Mücc). Anche se il nome del formaggio è lo stesso, le modalità di produzione possono essere diverse. In provincia di Como, noto anche come Cingherlino, è una ricotta aromatizzata prodotta a partire dal siero di latte vaccino addizionato di latte di capra e siero acido, e portato a 90 °C. La ricotta viene estratta, fatta sgrondare su teli per alcune ore impastata con sale e ricoperta con pepe nero. Modellato a forma di palla morbida e cremosa, di colore tra il bianco ed il giallastro, di dimensioni variabili tra 0,25 e 3,0 kg, lo Zincarlin viene venduto fresco o stagionato anche oltre l’anno. Oggi la produzione è quasi scomparsa.

In provincia di Varese prende anche il nome di Sancarlin o Zincarlin de Vares e viene prodotto esclusivamente con formaggi di capra a coagulazione lattica miscelati talvolta con formaggi di capra a coagulazione presamica morbidi. Possono essere addizionati di pepe, aglio e prezzemolo disidratati e vengono stagionati per un periodo di 20 – 60 giorni in contenitori di terracotta aperti. Il prodotto finale ha consistenza spalmabile.

Lo Zincarlìn “da la Vall da Mücc” è un Presidio Slow Food prodotto sul versante svizzero del Monte Generoso, nel Canton Ticino. La forma, modellata a mano, ricorda quella di una tazza capovolta. Si produce con latte vaccino crudo a cui possono essere aggiunte piccole quantità di latte di capra. La cagliata, ottenuta con una coagulazione lattico-presamica che dura circa 24 ore, viene estratta, e dopo altre 24 ore di sosta sopra un telo, viene addizionata di pepe e sale, formata manualmente a forma di cupola e stagionata per un minimo di due mesi in cantine semi-interrate. Durante il periodo di stagionatura la parte esterna viene lavata quotidianamente con vino bianco e sale che oltre a prevenire lo sviluppo superficiale di muffe, favorisce la formazione di una pelle giallo-rossiccia e rende nel tempo la pasta morbida e pastosa.

RAZZE DI RIFERIMENTO:

Caprine:
Lariana, Verzaschese

Prodotti a base di carne

Berna

Carne di capra tagliata a striscioline ed essiccata, caratteristica dell’Alta Val Camonica e in particolare della Val di Corteno, tra Edolo e il passo dell’Aprica. Salata e aromatizzata, la Berna è ottenuta con la carne degli animali più anziani eliminati dal gregge quando non più produttivi. Tradizionalmente la Berna era consumata dai pastori durante la transumanza.

RAZZE DI RIFERIMENTO:

Cuz

Il cuz, più che un piatto a base di carni ovine è una tecnica tradizionale di conservazione della carne legata alle valli di Corteno Golgi, in alta val Camonica. È probabile che i pastori, per conservarne le carni degli animali rimasti feriti durante la transumanza, abbiano ideato questa semplice modalità di cottura, e di conservazione nelle ule (i recipienti di terracotta).

Il cuz probabilmente è nato tra il 750 e il 1000, quando il passo alpino era occupato dagli Ungari e dai Saraceni, ma pare che sia entrato nell’uso corrente solo alla fine dell’Ottocento. La carne è tagliata a pezzi, messa in un paiolo di rame (caldera) con un po’ di burro e un goccio di acqua si cuoce lentamente per 5 o 6 ore con un bastone di ginepro al centro del paiolo. È nell’elenco dei Prodotti Agroalimentari Tradizionali (PAT) della regione Lombardia e nell’Arca del Gusto di Slow Food.

RAZZE DI RIFERIMENTO:

Salamini di capra

Ottenuti con carne magra di capra e carne e grasso di suino insaccata in budelli bovini di diverse dimensioni. Dopo la macinazione è aggiunta la concia composta da sale, pepe e spezie varie a cui può essere aggiunto del vino rosso. La stagionatura dura circa 1 mese per i salamini e da 2 a 4 mesi per i salami. Possono essere prodotti anche con carne di pecora.

RAZZE DI RIFERIMENTO:

Slinzega di capra

Costituita da tagli magri di carne della coscia, ma anche spalla e lombata dell’animale, che sono salati con una concia formata da sale, pepe e spezie varie a cui può essere aggiunto vino rosso. Dopo un periodo di salatura di circa 2 settimane il prodotto viene stagionato per un minimo di 2 mesi. Le slinzeghe sono un’alternativa di utilizzo di cosce che non sono idonee alla produzione del violino di capra. Possono essere prodotti anche con carne di pecora.

RAZZE DI RIFERIMENTO:

Violino di capra

Il Violino di Capra è un salume artigianale tipico della Valchiavenna. Prodotto con la coscia e la spalla della capra ha la forma che ricorda un violino, con la zampa a fungere da manico e la massa muscolare da cassa. Per affettare questo prosciutto lo si appoggia alla spalla e si maneggia il coltello in un modo simile all’archetto. La tradizione della lavorazione e della salagione delle carni è molto antica e sono pochi gli artigiani che lavorano questo prosciutto di capra secondo le regole tradizionali.

La pezzatura è ridotta: da due chilogrammi circa per la spalletta anteriore ai tre chilogrammi e mezzo della coscia posteriore. I più saporiti e profumati sono quelli stagionati più a lungo, lentamente e in modo naturale, in cantine aerate ma prive di condizionamenti forzati, tradizionalmente nei crotti, strutture tipiche della Valchiavenna, ricavate nella roccia, utilizzate non solo per affinare salumi e formaggi ma anche come locali dove incontrarsi con gli amici, cenare. È un Presidio Slow Food.  Possono essere prodotti anche con carne di pecora.

RAZZE DI RIFERIMENTO:

Caprine:
Frisa

Ovine:
Ciuta, Brianzola